La narrativa sull’infanzia
fra autobiografia e letteratura.
Riflessioni psicoanalitiche


Psicoanalisi e letteratura:
“attingiamo alle stesse fonti,
lavoriamo sopra lo stesso oggetto”?
lorenzo iannotta


6 maggio 1906
Stimatissimo professore, sebbene sia poco probabile che Lei si ricordi della mia persona, mi permetta di unirmi a coloro che oggi festeggiano il Suo cinquantesimo compleanno.
Ai Suoi scritti io devo molteplici, significativi e profondi impulsi e questa circostanza mi può forse offrire la possibilità di dirGlielo e di assicurarLe la mia più sincera e fervida ammirazione.
Suo devoto
Arthur Schnitzler

8 maggio 1906
Stimato dottore,
da molti anni sono consapevole dell’ampia convergenza che sussiste tra le mie e le Sue concezioni in non pochi problemi di natura psicologica ed erotica, e recentemente ho anche avuto l’ardire di dare a questo un esplicito rilievo (Frammento di un’analisi d’isteria 1905). Spesso mi sono chiesto con stupore dove Lei potesse attingere questa o quella segreta conoscenza, che io ho acquisito con la faticosa ricerca sul campo, e sono infine giunto a invidiare il poeta che altrimenti ammiro.
Può dunque immaginare quanto mi sia sentito onorato e nobilitato dalle righe in cui anch’Ella mi dice che ha tratto impulso dai miei scritti. Quasi mi amareggia l’aver dovuto attendere i cinquant’anni per sentirmi dire qualcosa di così onorevole.
Con grande stima Suo devoto
Dr. Freud

Questo è il primo scambio epistolare (in Schnitzler, 2001) – e dunque ha anche un valore storico – tra lo scrittore Schnitzler, già famoso, e Freud che è ancora all’inizio della sua carriera. Uno scambio importante perché testimonia una “convergenza”, come scrive Freud, tra letteratura e psicoanalisi.
A distanza di più di un secolo e dopo che molto è stato detto e scritto possiamo ancora parlare di convergenze? Con questo Focus proponiamo di soffermarci su questi intrecci per continuare a pensare e riflettere.
A riprova dell’interesse di Freud per l’arte Strachey (citato in Segal, 1991) enumera ventidue saggi che, direttamente o indirettamente, riguardano singole opere d’arte o problemi sulla creatività artistica. Una “convergenza” che sempre nel 1906 sarà ribadita e approfondita da Freud nel saggio scritto durante la villeggiatura in Trentino Il delirio e i sogni nella “Gravida” di Wilhelm Jensen:

“Probabilmente, noi e lui [il poeta] attingiamo alle stesse fonti, lavoriamo sopra lo stesso oggetto, ciascuno di noi con un metodo diverso, e la coincidenza dei risultati sembra costituire una garanzia che abbiamo entrambi lavorato in modo corretto” (1906, p. 333, corsivo mio).

Credo che oggi potremmo individuare l’oggetto cui Freud fa riferimento nell’esperienza che porta scrittore e psicoanalista ad essere interessati e incuriositi a quanto accade nel proprio e altrui mondo, interno e esterno.
Ancora ne Il poeta e la fantasia (1907) Freud dichiara la fascinazione che subisce dal poeta e specifica che quando si instaura il principio di realtà ciò che resta scisso rispetto a questo sviluppo è la  fantasia. L’artista ha in comune con il sognatore ad occhi aperti proprio il mondo della fantasia, in cui i desideri inconsci possono essere appagati. Tuttavia nell’opera artistica c’è un ritorno alla realtà perciò Freud rintraccia una similitudine con il gioco dei bambini che usano e modellano il mondo esterno secondo i loro desideri ma conservano la consapevolezza che si tratta “solo di un gioco”. In tutti i casi, comunque, la realtà con cui si ha a che fare nel gioco così come nell’arte, nel fantasticare e nel sogno è quella realtà psichica che Freud stesso ci ha insegnato a conoscere (Freud, 1911).
Ovviamente, pur avendo analogie con la fantasticheria, con il sogno, con il gioco dei bambini, l’opera d’arte non è niente di tutto questo e conserva il suo proprio statuto, anche se questo specifico statuto non sempre è stato riconosciuto e rispettato.
Schematicamente mi sembra si possano rintracciare tre filoni principali nell’approccio della psicoanalisi alle opere letterarie:

1) “Psicoanalizzare” il testo per svelare personalità e psicopatologia dell’autore.
Il testo letterario è, in questo caso, utilizzato dallo psicoanalista per captare le motivazioni inconsce dello scrittore o dei personaggi come se l’opera fosse una sorta di test proiettivo da cui dedurre dati significativi. Si pensi, per esempio, a Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci (Freud, 1910) o anche a Dostoevskij e il parricidio (Freud, 1928). Questo uso è stato soggetto a molte critiche.
Oggi sembra molto più ragionevole seguire quanto suggerito da Hanna Segal, psicoanalista che ha scritto importanti contributi sulla letteratura: “Il maggior valore di queste psicobiografie non è stato il recupero dell’infanzia dell’artista, ma la rivelazione delle fantasie espresse dall’opera d’arte. A volte il suo studio [di Freud] del lavoro artistico ha condotto a nuove scoperte. Così, il suo saggio su Leonardo ha introdotto per la prima volta la descrizione di una determinata forma di narcisismo e di scelta d’oggetto narcisista. […] In Dostoevskij e il parricidio Freud illustra le intuizioni che aveva già avuto a proposito del tema universale del complesso di Edipo e del parricidio. Ma anche se questi erano fenomeni che aveva già descritto prima, ricava nuove intuizioni dai Fratelli Karamazov. Per esempio, descrive la scissione della personalità in molti personaggi del libro forse in modo più chiaro di quanto avesse fatto in studi clinici o formulazioni teoriche” (Segal, 1991, pag. 90). Quindi l’invito è a porre attenzione all’individuazione e descrizione dei conflitti inconsci, delle fantasie contenute nell’opera d’arte, delle specifiche costellazioni mentale che si possono rintracciare: solo queste sono le “verità” che vengono svelate.

2) Un’altra modalità è quella di utilizzare l’opera letteraria come esemplificazione di un concetto teorico psicoanalitico.
Anche in questo Freud è stato precursore: formatosi nella Vienna imperiale che esaltava la cultura antica quale humus delle sue diverse componenti etniche e culturali, sia negli scritti che nella corrispondenza ricorre di continuo a citazioni letterarie, alla poesia, alla metafora, ai proverbi. Quindi molte sono le citazioni dai classici greci e latini, ma anche molte citazioni sono tratte da Goethe (in particolare il Faust) oltre che da Schiller, Heine, Lessing; per quanto riguarda la letteratura inglese trovano uno spazio importante  soprattutto i drammi di Shakespeare.
Tra molti altri, in questo specifico uso della letteratura resta famoso la descrizione che Melanie Klein (1955) fa del racconto del romanziere francese Julien Green Si j’étais vous… per illustrare, attraverso il protagonista Fabian Especel, la concettualizzazione dell’identificazione proiettiva.

3) Attualmente sembra prevalere in psicoanalisi il riconoscimento di una specifica dignità, autonoma, all’opera d’arte e al testo letterario; questa concezione rende possibile il dialogo tra discipline diverse permettendo l’ampliamento della conoscenza, riconoscendo il dato che l’opera d’arte offre anche allo psicoanalista occasioni insostituibili per ampliare il pensare, la conoscenza, l’esplorazione.
È significativo che nel capitolo dedicato alla letteratura del trattato di psicoanalisi promosso dalla prestigiosa American Psychiatric Publishing troviamo scritto: «La fase attuale della psicoanalisi – caratterizzata da una maggiore modestia e dalla tendenza a prendere le distanze dalla pretesa di essere una scienza naturale obiettiva – può offrire un terreno più adatto per veri collegamenti interdisciplinari – costruiti come ponti a doppio senso di marcia, non progettati per eserciti d’invasione – con altri ambiti nelle scienze sociali e umanistiche, oltre che con la letteratura e tutte le altre arti» (Berman, 2005, pag. 807).
Bisogna dire che già intorno al 1950 a Londra si era costituito l’Imago Group fondato dal noto storico d’arte Adrian Stokes (analizzato da Melanie Klein). Al gruppo, che si riuniva in casa della vedova di Ernest Jones, partecipavano una decina di persone legate a Melanie Klein, tra essi Virginia Woolf, Ernst Gombrich e gli psicoanalisti Wilfred R. Bion, Donald Meltzer, Marion Milner, Roger Money-Kyrle. Riguardo questo gruppo Gosso scrive: «A quanto risulta non sono rimasti materiali o verbali delle riunioni in casa Jones, ma alcuni documenti pubblicati mostrano l’ampiezza del settore applicativo. […] I principi che accomunano i membri del gruppo si possono così riassumere: arte intesa nei termini del movimento Ps↔D, creatività artistica come derivato dell’identità azione proiettiva e del superamento dell’angoscia, responsabilità dell’artista nel maturare e promuovere i valori della posizione depressiva». (2001, pag. 14).
Sempre di più sembra quindi aver preso forma quella alleanza che lo stesso Freud aveva auspicato:

«I poeti sono però alleati preziosi, e la loro testimonianza deve essere presa in attenta considerazione, giacché essi sono soliti sapere una quantità di cose fra cielo e terra che la nostra filosofia neppure sospetta. Particolarmente nelle conoscenze dello spirito essi sorpassano di gran lunga noi comuni mortali, poiché attingono a fonti che non sono ancora state aperte dalla scienza» (1906, pag. 264).

Il Focus che pubblichiamo sembra confermare la tesi della “convergenza” e dell’“alleanza” tra arte e psicoanalisi.
Alessandra Ginzburg, psicoanalista, propone, alla luce delle ipotesi di Ignacio Matte Blanco sul funzionamento dell’inconscio, l’esistenza di un legame inscindibile fra emozione e creazione artistica. Prendendo in esame alcune autobiografie infantili esemplifica la presenza di costanti tematiche e stilistiche che caratterizzano l’opera complessiva di questi autori. Un modello di lettura, in sintesi, che suggerisce un possibile ampliamento della prospettiva psicoanalitica nei confronti dell’opera d’arte.
Emanuele Zinato, professore di letteratura all’università, analizza e interpreta i romanzi di Svevo, Gadda, Calvino, Meneghello, Morante che hanno variamente rappresentato l’infanzia. Come dimostrerà, grazie alla lezione di Francesco Orlando, il teorico che più ha utilizzato la lezione di Freud nella lettura dei testi letterari, ipotizza due diverse modalità di rappresentazione: la prima conseguente all’importanza ermeneutica dell’infanzia dopo la diffusione della psicanalisi, la seconda che inizia dalla fine degli anni Cinquanta, conseguente alla traumatica modernizzazione italiana. Nella prima prevale lo “sguardo dal basso”, straniante, del bambino sul modo adulto, nella seconda domina invece lo “sguardo all’indietro”, nostalgico, che il narratore rivolge al se stesso bambino e a un’età, individuale e collettiva, percepita come perduta.
Lo scritto di Marsilio si configura come una disamina in chiave critico-letteraria, con risvolti anche per la didattica, della rappresentazione degli immaginari infantili nella narrativa italiana degli anni Zero. A partire da due romanzi contemporanei, Dei bambini non si sa niente (1997) di Vinci e Il tempo materiale (2008) di Vasta, il lavoro evidenzia “la fatica di diventare grandi” dei loro protagonisti preadolescenti. Questi, riuniti in gruppi “tribali” rigorosi e chiusi, mettono in scena dei giochi con cui cercano di far proprie le esperienze per antonomasia dell’età adulta, il sesso o la violenza. I due testi narrativi, assumendo il punto di vista dei protagonisti ragazzini, svelano le complesse e tragiche modalità con cui nei giochi prevalgono l’imitazione sottomessa e subalterna di modelli mutuati dai media (rispettivamente le riviste pornografiche e le immagini televisive del sequestro Moro) e la conseguente desertificazione delle emozioni nelle contemporanee educazioni sentimentali.
Maria Antonietta Lucariello propone delle linee di lettura e di riflessione sul rapporto tra letteratura e psicoanalisi, in particolare sulla narrativa del Novecento italiano e sulla funzione dell’arte come mezzo conoscitivo. In questo articolo viene mostrato come l’intreccio tra letteratura, critica e psicoanalisi testimonia la grande fecondità di un approccio che tenga conto delle valenze del linguaggio, come ponte sul mondo dell’infinito del pensiero, dell’emozione e della memoria per la ri-scoperta e l’analisi dell’oggetto estetico e dell’oggetto psicoanalitico.
Bibliografia
Berman E (2005). La letteratura. In: Person ES, Cooper AM, Gabbard GO (a cura di), Psicoanalisi. Teoria, clinica, ricerca. Trad. it., Milano: Cortina, 2006.
Freud S (1906). Il delirio e i sogni nella “Gradiva” di Wilhelm Jensen. OSF: 5, Torino: Boringhieri, 1972.
Freud S (1907). Il poeta e la fantasia. OSF: 5, Torino: Boringhieri, 1972.
Freud S (1911). Precisazioni sui due principi dell’accadere psichico. OSF: 6. Torino: Boringhieri, 1974.
Freud S (1927). Dostoevskij e il parricidio. OSF: 10. Torino: Boringhieri, 1978.
Gosso S (2001). Psicoanalisi e arte. Milano: Paravia Bruno Mondadori.
Klein M (1929). Situazioni d’angoscia infantile espresse in un’opera musicale e nel racconto di un impeto creativo. In Scritti 1921-1958, Torino: Boringhieri, 1978.
Klein M (1955). Sulla identificazione. In: Klein M, Heimann P, Money Kyrle R (1955). Nuove vie della psicoanalisi. Trad. it., Milano: Il Saggiatore, 1966.
Schnitzler A (2001). Sulla psicoanalisi. (a cura di Reitani L). Milano: SE.
Segal H (1991). Sogno, fantasia e arte. Trad. it., Milano: Cortina, 1991.



Lorenzo Iannotta
Psicoterapeuta, Segretario Scientifico
e Didatta AIPPI, Psicoanalista M.A.
Società Psicoanalitica Italiana
e International Psychoanalytic Association

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