Breve introduzione agli scritti
di A. Green e di H. F. Smith
maria grazia fusacchia



Per gentile intercessione di Vincenzo Bonaminio cui H.F. Smith ha concesso i diritti, pubblichiamo la traduzione italiana di questi due testi, di estremo interesse teorico-clinico. Entrambi sono apparsi nel The Psychoanalytic Quarterly, 2010, Volume LXXIX, Number 1.
Aggiungiamo, inoltre, che il lavoro di A. Green rappresenta una revisione di uno scritto omonimo già pubblicato in italiano nel volume “Continuità dell’essere, crollo e oltre il crollo” a cura di A. Giannakoulas e F. Neri Bertolini, atti del III Congresso Internazionale The Work of Donald W. Winnicott “Going on Being. Breakdown and Beyond” tenutosi a Milano nel novembre 2005.
Il testo di André Green intitolato “Origini e vicissitudini dell’essere nell’opera di Winnicott”, ci propone un’acuta, quanto appassionata e approfondita riflessione sul concetto di “essere” in Winnicott, in cui l’Autore attraverso una minuziosa rilettura dell’opera di Winnicott, risale alle origini del concetto e ne segue i diversi percorsi, illustrando là dove restino incompiuti o ancora il loro riapparire attraverso altre e insospettate vie. Nel suo procedere, Green sembra istituire un dialogo con Winnicott, un dialogo nel quale non mancano momenti di disaccordo e di argomentata divergenza teorica che aiutano a comprendere più da vicino la natura di tali contrasti e, al contempo, permettono una maggiore comprensione dei concetti psicoanalitici stessi.
Come illustra F. Smith nel suo commento, talvolta gli Autori non sono consapevoli di quanto ci offrono del loro pensiero, la scrittura scavalca le loro intenzioni.
Il modo di porgere il proprio punto di vista è molto diretto, schietto e convincente. Straordinaria è la capacità germinativa del pensiero di André Green, che riesce ad ampliare ed arricchire alcuni concetti, proprio ripercorrendo le orme dell’analista Winnicott a lavoro, con quella inconsueta dose di originalità e di imprevedibilità che gli ha permesso di accostarsi a stati della mente ancora inesplorati.
Tra le diverse questioni trattate merita attenzione la rilettura della funzione di rispecchiamento, che per Winnicott è alla base dell’essere, nel suo emergere da uno stato di solitudine primitiva paragonabile alla morte, al non-essere. Riprendendo un passaggio clinico, Green sottolinea che la specificità della funzione di rispecchiamento, destinata a permettere l’integrazione delle parti di sé scisse e dissociate, consiste nella presenza di un altro essere che “è già lì” e che aggiunge un qualcosa in più. È questo il contributo dell’altro all’esperienza del rispecchiamento, base della continuità dell’essere.
Un altro interessante passaggio vede il confronto tra il concetto di essere di Winnicott e il concetto di pulsione di morte in Freud, rispetto al quale Winnicott era in disaccordo. Green, in accordo con l’ipotesi freudiana delle pulsioni, avanza le sue obiezioni senza fervore ma appellandosi alla necessità di contemplare una spinta propulsiva dell’esistenza e, come osserva anche F. Smith, conquista il lettore per la lucidità e la coerenza del suo pensiero. 
Proprio su questa nozione, di obiettiva divergenza di Green con Winnicott, si s’incardina la successiva disanima del pensiero di Winnicott a proposito del ruolo dell’analista nella gestione della distruttività del suo paziente, in contrasto con la nozione di essere. Distruttività che Winnicott attribuiva al fallimento dell’analista, negando una distruttività intrinseca al soggetto. Green pensa che la questione riguardi il bisogno di una vicinanza, di un recupero della dimensione di fusione, la cui qualità è mortifera, unisce soggetto-oggetto nella morte. Per meglio sviscerare il pensiero di Winnicott, Green accosta all’analisi dei testi anche le esperienze significative e dolorose della vita di Winnicott, tra le quali, l’ostile (incredibile!) accoglienza ricevuta al lavoro “L’uso dell’oggetto”. La riflessione sulla distruttività è molto complessa e oltremodo utile per ripensare alla clinica contemporanea.
Come finemente mostra F. Smith nel suo commento al testo di A. Green, sullo sfondo si percepisce la nozione della colpa, che va oltre l’ipotesi del masochismo, così come formulata da Freud ne L’Io e L’Es (1922). Smith riprende alcuni passaggi e mostra l’originalità e la lungimiranza di Freud, quando descrive l’Io schiacciato tra due poli, da una parte l’Es e dall’altra il Super-io.
Green si riconosce tributario a Winnicott, come dimostra il suo dialogo a distanza, “per aver sollevato alcune questioni fondamentali con la massima sincerità, […] il suo lavoro può sembrare inquietante, ancor oggi, se esaminiamo da vicino la sua miscela di contraddizioni, limiti, e intuizioni geniali”.



Maria Grazia Fusacchia
Psicoanalista, M.O. SPI-IPA, esperta bambini
e adolescenti, Socio Ordinario SIPsIA,
Docente Supervisore dell’iW Istituto Winnicott
(Corso ASNE-SIPsIA), Socio AIPCF
(Association Internationale de Psychanalyse
de Couple et de Famille)

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