La figura paterna e le sue funzioni
Seconda parte


Introduzione
maria grazia fusacchia

A completamento del focus sulla Funzione paterna pubblicato in Richard e Piggle 1/2015, proponiamo due notevoli contributi che ripensano al padre ed alle sue funzioni rivisitando il pensiero di D. Winnicott.
Entrambi gli Autori, François Duparc – Il padre in Winnicott. È “sufficientemente buono”? – e Vincenzo Bonaminio – Winnicott e il “padre” nello sviluppo del bambino e nella relazione psicoanalitica. Chi ha paura di riconoscere che il padre è centrale nell’opera di Winnicott? – sono appassionati conoscitori del pensiero dell’Autore e ciascuno, seguendo una pista personale, ne ha rivisitati alcuni scritti per documentare, in contrasto con la vulgata psicoanalitica che farebbe di Winnicott “una nutrice” (Pontalis, 1977), che, al contrario e in filigrana, il padre è presente nella teoria winnicottiana già negli anni ‘50, se non prima.
Bonaminio, rimandando ad una prossima pubblicazione, solleva l’idea di idola tribus (le false credenze) presenti nelle teorie psicoanalitiche, e spiega che questo malizioso equivoco affondi le sue radici nelle vicende della British Society dell’epoca, quando la figura di Melanie Klein rivestiva una forte influenza. Anche Winnicott ne subiva l’influenza, ma di fatto, nonostante dicesse di ispirarsi alla teoria kleniana, a poco a poco scopre che, in realtà, il suo modello clinico e teorico era profondamente differente, originale e rivoluzionario. Per esempio, quando Winnicott ha parlato di odio nel controtransfert intendeva far riferimento al sentimento autentico dell’analista, non già all’effetto delle proiezioni del paziente sull’analista, proponendo così una prospettiva innovativa.
Duparc suppone che la discontinuità sul tema del padre nella teoria di Winnicott possa riecheggiare la storia personale dell’Autore, segnata dalla fugace comparsa del padre nell’infanzia e dalla successiva riapparizione in adolescenza, quando il genitore aveva stabilito di intervenire nell’educazione di suo figlio, spedendolo in collegio. L’Autore osserva che il 1957 è un anno cruciale per Winnicott, poiché coincide con la morte del padre e con il matrimonio con Claire. È in questo periodo che Winnicott approfondirà la questione paterna, forse per la congiuntura di questi eventi personali, ma anche per le occasioni di confronto con Lacan, P. Marty e M. Fain.
Nell’elencare i diversi ruoli, Duparc sottolinea la centralità della funzione di protezione della relazione madre/bambino, ma anche la funzione di appoggio alla scena primaria, e riprendendo letteralmente il testo di Winnicott, scrive: “L’unione del padre e della madre costituisce un fatto, un fatto concreto intorno al quale il bambino può costruire una fantasia, una roccia alla quale può aggrapparsi o colpire, trovando le sue soluzioni al problema delle relazioni triangolari”.
L’A. riconosce che il padre introduce la seduzione per la novità, come ampiamente rielaborato da R. Roussillon (cfr. nel precedente focus), novità che si declina in termini di “differenza introdotta dal padre e dalla sua personalità, differente sia da sua madre, sia dagli altri uomini”. La progressiva e più sistematica formulazione del ruolo del padre che, direttamente o indirettamente, avverrà negli anni successivi, rimarcherà il fondamentale contributo del padre allo sviluppo psichico del bambino, essendo il padre coinvolto nella relazione di coppia e nell’ambiente familiare.
“Il padre è necessario in casa perché la madre si senta bene nel suo corpo e nella sua psiche”.
Un significativo rimando, inoltre, riguarda la differenza tra madre e padre, che porta a considerare “l’uso del padre e l’integrazione della violenza”, tematica a cui Duparc dedicherà un intero capitolo del suo lavoro, ripercorrendo gli scritti sulla tendenza antisociale, intesa come l’“emergere della speranza inconscia di rivivere il trauma della deprivazione, e d’integrare l’odio ad essa collegato”.
Conclude questo articolo e approfondito contributo, una disamina delle qualità del padre sufficientemente buono in Winnicott, la cui varietà non consente di condensarle in un’unica funzione, anzi, come evidenzia l’A., talvolta possono assumere posizioni antagoniste poiché il padre, come la madre, “non potrà mai essere ideale, ma solo accettabile”.
Anche V. Bonaminio riprenderà tale questione, attraverso la rilettura di due testi molto noti, L’odio nel controtransfert e L’uso dell’oggetto, condividendo con Duparc l’ipotesi che la funzione paterna sia indispensabile per l’integrazione dell’aggressività, aggiungendo al contempo un’ipotesi molto suggestiva, mutuata da un’idea esposta da C. Bollas, relativa al fatto che ciò che differenzia il padre dalla madre è la natura delle loro funzioni. Scrive Bonaminio: “In altri termini, si può individuare in Winnicott, a partire da L’odio nel controtransfert fino a L’uso dell’oggetto, una continuità dell’elaborazione teorica che è stupefacente. Ossia, il fatto che il padre sopravviva e che, sopravvivendo, non venga introiettato come padre: non ci si identifica a lui come padre, perché il padre continua a rimanere fuori, come un oggetto oggettivo. La madre è un oggetto soggettivo, il padre è un oggetto oggettivo, possiamo quindi cogliere l’originalità di tale concezione, secondo la quale è l’oggettività del padre che permette all’adolescente di confrontarsi con la possibilità di integrare la propria aggressività” .
Un altro interessante spunto di riflessione di questo scritto consiste nel rintracciare la funzione del padre come “osservatore”, anticipatore della funzione del terzo e della terzietà.
Lo scritto di Bonaminio, infine, si conclude con una citazione tratta dal testo di Green “Jouer avec Winnicott”, che qui riporto, poiché mi sembra cogliere, nelle diverse prospettive, la forza creativa e propulsiva della psiche umana che sostiene la fiducia e la curiosità, attrezzi necessari per sfidare gli enigmi della contemporaneità. “L’idea winnicottiana degli oggetti transizionali e dei fenomeni transizionali mi ha insegnato ancora un’altra cosa. Quando si parla di oggetti, non ci si dovrebbe limitare alla relazione con gli oggetti esistenti (che siano interni o esterni). Bisogna pensare alla facoltà che ha la psiche umana di creare ininterrottamente dei nuovi oggetti, quello che io designo come “la funzione oggettualizzante”.
Bibliografia
Bollas C, Catarci P, Chagas Bovet AM et al (1993). Perché Edipo? Intorno al mito e alla tragedia. Trad. it., Roma: Borla, 1995.
Bonaminio V (2016). Gli “idola tribus” della psicoanalisi. Una critica dall’interno agli stereotipi teorici e al fondamentalismo psicoanalitico. In corso di stampa.
Duparc F (2003). Le père dans tous ses états. In: Guillaumin J (a cura di) Le Père, figures et réalités, Paris: L’Esprit du Temps. p. 13-37. Pubblicato anche in Monographies de la Revue française de Psychanalyse, Winnicott insolite. Paris: PUF, 2004.
Duparc F (2008). Du père suffisamment bon. In: Cupa D (a cura di), Image du père dans la culture contemporaine. Paris: PUF.
Green A (2005). De la tiercéité. In: Jouer avec Winnicott. Paris: Puf.
Pontalis J-B (1988). Perdre de vue. Trad. it., Roma: Borla, 1993.



Maria Grazia Fusacchia
Psicologa, psicoanalista, M.O. SPI-IPA,
esperta bambini e adolescenti,
Socio Ordinario SIPsIA, Docente Supervisore
dell’iW Istituto Winnicott (Corso ASNE-SIPsIA),
Socio AIPCF (Association Internationale
de Psychanalyse de Couple et de Famille)

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