Scialla! (Stai sereno)

Regia di Francesco Bruni (2011)

carolina di liberto

Scialla, “stai sereno”, è un termine dai molteplici significati usato nel gergo giovanile romanesco che indica affettività, atteggiamento, imposizione, attitudine, sorpresa. Una parola d’ordine dello slang adolescenziale con cui escludere l’invadenza degli adulti, il loro desiderio di controllo, un invito alla moderazione e al quieto vivere. È un modo di pensare e di essere, una “filosofia di vita” che contrasta con quella degli adulti, che ci porta a riflettere sui processi di identificazione che hanno luogo nel periodo adolescenziale e sui motivi per i quali i giovani, di tutti i tempi, hanno sentito e sentono l’esigenza di crearsi un linguaggio, dei rituali, un modo di vestire e di comportarsi che li contraddistingua e che, allo stesso tempo, li faccia sentire appartenenti ad un gruppo di coetanei.

Questa commedia un po’ amara e un po’ dolce, brillante e veloce, comincia come una descrizione di due generazioni: da un lato quella di Bruno, cinquantenne in crisi, deluso dalla vita, ex-professore ed ex-scrittore che ha abbandonato l’insegnamento e vive solitario e schivo, mimetizzato nel suo appartamento-tana dove si è rifugiato nella scrittura di autobiografie commissionate dagli altri e dà scoraggianti ripetizioni private ad altrettanti scoraggiati ragazzini; dall’altro lato c’è la generazione del quindicenne Luca, allievo di Bruno, adolescente pieno di vitalità ma ribelle e irrequieto, che è cresciuto da sempre con la madre, senza un padre, inconsapevolmente alla ricerca di una guida e di un modello con il quale identificarsi. Svogliati entrambi, l’uno per la sua pigrizia e trascuratezza, l’altro per la distrazione tipica dell’adolescente disimpegnato, perennemente insofferente a ogni imposizione, che assume l’atteggiamento da bullo ma che sottende un intimo desiderio di essere compreso e guidato. Un padre e un figlio che ancora non si conoscono. Quasi come un pretesto per la madre di Luca, arriva un lavoro improvviso all’estero della madre di Luca che porta anche alla luce la necessità di una figura terza nella coppia madre-figlio e conduce maestro e discepolo a vivere sotto lo stesso tetto, quello di Bruno, che solo in questa occasione scopre che Luca è in realtà suo figlio. I due si ri-trovano così “stretti” e costretti ad una convivenza forzata e problematica per un tempo sufficiente a conoscersi meglio, che spinge Bruno a cercare di capire come rapportarsi con un adolescente insofferente alle regole e allo studio, ma pieno di vita.

Padre e figlio usciranno molto migliorati da quest’incontro tra generazioni e stili di vita così diversi. Nel film si comprende e si sviluppa bene il processo di filiazione che porterà i due protagonisti a conoscersi e amarsi a vicenda.

Bruno sarà costretto a riappropriarsi della propria vita per prendersi cura di un’altra persona, un figlio che non sapeva di avere, e dovrà confrontarsi di nuovo con il pianeta scuola, ma stavolta da genitore. Il colloquio con la professoressa di Luca, che preannuncia la sua probabile bocciatura, segna un punto di svolta nel comportamento dell’ex-professore che da quel momento prova a prendere in mano la situazione del figlio per recuperare il suo comportamento disinteressato alle regole, motivandolo con la sfida di “salvare” l’anno scolastico. Il rapporto tra Bruno e Luca passa attraverso lo studio e si evolve nel corso del tempo del film. Si passa dal professore che dava svogliatamente lezioni a un ragazzo altrettanto svogliato, al padre/professore motivato e appassionato che cerca di trasmettere a suo figlio interesse per gli argomenti oggetto dello studio. Attraverso suo figlio, Bruno ritrova lui stesso un amore e una passione per lo studio forse dimenticati che gli consentono di recuperare il suo ruolo da professore entusiasta e da padre responsabile.

Il corso della storia arriva a sfiorare la tragedia quando Luca, preso dalla sua maniacalità giovanile, fa il “gradasso” con un gruppo di delinquenti. Il suo atteggiamento lo conduce in una pericolosa situazione dove le conseguenze del suo “sgarro” preannunciano un epilogo drammatico. In suo aiuto interviene Bruno che non si sottrae alle sue responsabilità paterne e, per proteggere il figlio, affronta le conseguenze del gesto irresponsabile.

In una dura scena Bruno viene picchiato e poi riconosciuto dal boss (il Poeta), un gangster amante della letteratura e suo ex-allievo che ricorda con gratitudine gli stimoli culturali ricevuti dal suo professore, tanto che decide di risparmiare lui e Luca dalla vendetta che aveva programmato. A seguito di questo episodio si realizza qualcosa di inatteso che cambia il corso degli eventi: a Bruno viene riconosciuta e valorizzata la sua responsabilità di padre e di insegnante, tanto che può diventare finalmente un modello per il proprio figlio e assumersi in pieno il ruolo di genitore.

Molto intensa, significativa e simbolica è la scena ambientata sullo scivolo, nel giardinetto di fronte casa, il luogo dei giochi, dei bambini e della spensieratezza dell’infanzia, che vede Luca e Bruno alle prese con la crescita e con la toccante intimità del rapporto padre-figlio. Il padre racconta degli incontri letterari a Mantova, dove ha conosciuto la madre di Luca, della notte d’amore trascorsa con lei e del successivo appuntamento dimenticato per “sciatteria”, incuria e disattenzione, la stessa che sembrava caratterizzare il personaggio di Bruno all’inizio del film e la stessa che gli aveva fatto perdere una “grande occasione” ma che, arrivati a questo punto della storia, sembra anche essersi trasformata finalmente in consapevolezza di sé e delle proprie responsabilità di adulto e di padre. La scena si conclude con il rientro a casa dei due: Bruno, colpito da un fulminante mal di schiena, viene sorretto dal figlio, sullo sfondo dell’immagine antica di Enea-figlio che prende sulle spalle Anchise-padre. Luca può finalmente prendersi cura del padre ritrovato, in sintonia con il concetto di Pietas che Bruno gli ha trasmesso, e anche di sé stesso proiettato verso un futuro che desidera vivere intensamente e in cui vuole recuperare il tempo e i saperi che gli sono “sfuggiti”.




Errata Corrige

Nel n. 3 2020 della rivista, in copertina e nel sommario, l’articolo Tuttinsieme è a firma Silva Oliva e non Silvia come erroneamente riportato. Nell’articolo a pag. 338 è invece corretto.

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