La mia vita da zucchina

Regia di Claude Barras (2016)

fabiana fossati, francesca pugliese

Ne La mia vita da zucchina, di Claude Barras, i protagonisti sono i bambini di una casa famiglia. Il regista riesce ad esprimere e a far sentire, quasi, la loro solitudine e il loro dolore, integrando tali sentimenti negativi ad un messaggio di speranza.

La grafica del film è molto scarna ed essenziale, quasi a voler trascurare i particolari di esteriorità, per evidenziare un mondo interno emotivamente molto ricco e travagliato.

Come ha ben spiegato il regista, spesso, il paesaggio e il tempo atmosferico rispecchiano lo stato d’animo dei personaggi, il cui mondo interiore viene sottolineato attraverso un’attenzione minuziosa ai gesti, alle espressioni e ai movimenti. Le inquadrature sono lunghe per catturare al meglio gli sguardi e le emozioni interiori di tutti i protagonisti e gli occhi sono enormi per lo stesso motivo.

I personaggi hanno tutti alle spalle una storia traumatica che viene evidenziata anche dalla loro disarmonia fisica, caratterizzata da grandi teste e volti emaciati da cui traspaiono le emozioni, indicibili ed impensabili.

Nel film tutto ruota intorno al trauma, ai segni che lascia nella vita di un individuo e alla possibilità di elaborarlo. Il trauma, dal greco rottura, genera una condizione d’impotenza davanti ad un’esperienza sconvolgente e incontrollabile che provoca un flusso di sensazioni incontenibili, travolge le normali difese dell’individuo, imponendo la messa in atto di difese patologiche.

Lo sviluppo psicologico dell’essere umano è un processo caratterizzato da aspetti di continuità e di discontinuità e qualunque brusca interruzione può considerarsi traumatica.

Il denominatore comune della storia dei piccoli ospiti della casa famiglia è il vuoto, l’assenza di un’esperienza contenitiva che dovrebbe garantire la continuità evolutiva e lo sviluppo della capacità di fidarsi ed affidarsi.

Spesso i soggetti traumatizzati sono incapaci di ricordare, perché quelle traumatiche sono esperienze non rappresentabili, non pensabili, innominabili, come vediamo nel film in cui i bambini fanno fatica a verbalizzare le loro storie.

Icare, il protagonista, è un bambino di nove anni che vive con la madre, alcolizzata da quando il marito li ha abbandonati. Un giorno, Icare fa cadere una pila di lattine di birra con cui stava giocando in soffitta, disturbando la madre; la donna prova a salire per punirlo fisicamente e lui le chiude la botola sulla testa, spingendola inavvertitamente giù per le scale e causandone la morte. Essendo rimasto solo, Icare viene portato da un poliziotto, Raymond, in una casa famiglia in cui inizialmente fatica ad ambientarsi in quanto viene preso di mira dal prepotente Simon, con cui successivamente riesce a fare amicizia.

Un giorno arriva una bambina nuova, Camille, di cui Icare si innamora a prima vista e nel tempo i due stringeranno un profondo rapporto di amicizia. Cercando nei suoi documenti con Simon, i due bambini apprendono che Camille ha assistito all’omicidio di sua madre per mano di suo padre, che poi si è tolto la vita, dopo aver scoperto che lo tradiva. La bambina ha una zia, estremamente sgradevole, che vuole ottenere la sua custodia solo per incassare i soldi che in quel caso le spetterebbero per le cure della nipote; Camille afferma che si suiciderebbe piuttosto che andare a vivere con lei.

Icare rimane in contatto con l’agente Raymond, a cui invia regolarmente lettere e disegni e sarà lui ad aiutare i ragazzi che ideeranno un piano per aiutare Camille a scappare dalla zia. La bambina verrà riportata a casa, ma il giorno dell’udienza farà ascoltare al giudice una registrazione in cui la zia insultava pesantemente lei e la madre, portando la donna a perdere la custodia della nipote e permettendo a Camille di tornare in casa famiglia.

Qualche tempo dopo, Raymond adotterà Icare e Camille che comunque non dimenticheranno i loro amici, tornando spesso a trovarli o invitandoli da loro.

Il nome del protagonista, Icare, richiama il mito di Icaro. L’immagine dell’aquilone che vola fuori dalla finestra è altamente evocativa e fa pensare all’illusione del bambino di poter volare via da una casa vuota in cui regnano il silenzio, la solitudine e l’abbandono.

Nella scena iniziale, Icare è solo nella sua soffitta, luogo in cui si rifugia per proteggersi dalla depressione materna. Il bambino utilizza il disegno per elaborare la sua solitudine e l’abbandono del padre. Attraverso queste rappresentazioni grafiche egli può esprimere i suoi sentimenti che non riesce a verbalizzare.

Disegna sull’aquilone e sulle pareti il padre, insieme alle “pollastre”, le donne con cui avrebbe tradito la mamma, che la donna considera la causa del suo allontanamento e che per lui sono alla base del suo abbandono.

Icare mette l’aquilone fuori dalla finestra, cerca di tener lontano il ricordo traumatico dell’abbandono del padre, ma lo tira a sé quando ha bisogno di sentirsi meno solo o di essere consolato. Il papà, nonostante abbia lasciato la sua famiglia, sembra rappresentare l’unico elemento di vitalità in una casa dominata dal vuoto e dalla depressione materna. La mamma, infatti, sempre rabbiosa e ubriaca, non presta alcuna attenzione al figlio.

La donna, che non ha elaborato l’abbandono, strappando l’immagine del marito dalle foto, tenta di far fuori un paterno che il bambino, invece, cerca in tutti i modi di recuperare.

I primi minuti del film si svolgono su due piani: uno inferiore di realtà, permeato dalla depressione materna, dal vuoto e dalla povertà affettiva, ed uno superiore, in cui Icare può accedere ad un livello elaborativo attraverso il gioco ed il disegno.

L’inserimento in casa famiglia costituisce un secondo trauma per lui, perché lo mette di fronte alla sua solitudine, nonostante il bambino tenti di negare di essere rimasto solo affermando che lui una mamma ce l’ha e ostentando l’aquilone che rappresenta il padre.

Contemporaneamente, però, questa nuova realtà gli permetterà di confrontarsi con la solitudine e con il vuoto e di instaurare nuovi legami che saranno per lui una seconda occasione.

Per affrontare la separazione e l’ingresso nell’istituto è fondamentale che ci sia un elemento di continuità con il passato. Nel caso di Icare sono una lattina di birra e l’aquilone, che rappresentano la mamma e il papà, ma anche il nome, Zucchina, perché così lo chiamava la mamma, forse in modo denigratorio, ma che per lui rappresenta la sua identità e le sue origini. Egli, infatti, si presenta come Zucchina, non come Icare, e ci tiene ad essere chiamato in questo modo.

Si può pensare che la perdita ed il lutto, oltre a rappresentare il trauma per questi bambini, siano anche l’occasione di incontro e di condivisione. Il legame nasce dal lutto. Icare si può permettere di svelare a Simon, ed in quel momento può ammetterlo anche con se stesso, che pensa di aver ucciso la mamma, solo dopo che l’amico gli rivela le storie di ogni bambino. Tutti hanno genitori incapaci di occuparsi di loro per varie ragioni – droga, espulsione dal paese, guai con la legge, abusi sessuali o malattia mentale – e a loro volta hanno sviluppato dei problemi comportamentali. Il fatto di sapere che il “trauma” può essere condiviso rende i suoi effetti meno devastanti.

Per i bambini la casa famiglia rappresenta una soluzione che interrompe i legami e gli equilibri del passato, ma anche un’occasione per la nascita di nuove relazioni.

I nuovi legami sono quelli con adulti di riferimento che possono svolgere funzioni di regolazione e contenimento, diverse da quelle fallimentari vissute in passato. Altri legami fondamentali sono quelli con il gruppo dei pari con i quali si possono sperimentare rivalità e competizione, ma anche condividere sentimenti e temi importanti che riguardano lo sviluppo.

Nel film è evidente come il legame che si viene a creare tra pari permetta la maturazione dei singoli individui e quanto sia importante la funzione di contenimento che svolgono gli adulti. Due sono le coppie fondamentali per i ragazzi: da un lato la direttrice della casa famiglia ed il poliziotto che accompagna Zucchina in struttura, che svolgono una funzione contenitiva e protettiva e che diventano quasi una madre ed un padre per i bambini; poi c’è una coppia più giovane, costituita dall’insegnante e dall’educatrice, che introduce interrogativi relativi alla sessualità.

Possiamo ipotizzare che i legami verticali, quelli con le figure genitoriali o con i loro sostituti, svolgano una funzione di protezione e accudimento e di regolazione delle emozioni, mentre quelli orizzontali, con i coetanei, siano importanti per il rispecchiamento e la costruzione dell’identità.

La storia di tutti i bambini ospiti della casa famiglia ha come denominatore comune l’assenza di un legame genitoriale basato sull’intimità, sull’amore e sull’affettività. L’insegnante e l’educatrice forniscono l’occasione ai ragazzi per interrogarsi sulla sessualità, sulla nascita e sulla paura che quando si fanno “quelle cose che fanno i grandi” possano succedere cose pericolose.

La venuta al mondo di un altro bambino genera sentimenti di rivalità, odio e risentimento per la madre, di lotta per ottenere l’amore esclusivo dei genitori e senso di perdita della supremazia. Stimola anche nel bambino un lavoro mentale orientato a rispondere alle sue curiosità sessuali, lavoro che dà origine alle prime teorie sessuali infantili.

Possiamo fare un parallelismo tra la nascita di un fratello e l’ingresso in casa famiglia di un nuovo membro, perché entrambe le situazioni generano un cambiamento importante.

Quando Zucchina viene accompagnato in casa famiglia si scontra immediatamente con Simon, che lo attacca e lo deride con lo scopo di sottometterlo, sottolineando il suo ruolo di leader all’interno del gruppo dei pari. Zucchina resta inerme in tutte le situazioni, reagendo esclusivamente quando Simon gli prende l’aquilone e la lattina di birra.

L’incontro con Camille è molto importante e rappresenta l’inizio di un cambiamento. Tra i due si viene a creare immediatamente quella sintonia e quella complicità affettiva che modificano gli equilibri precedenti. Durante il primo pranzo insieme, infatti, Camille riesce a schernire Simon che, con la sua modalità da bullo, aveva l’abitudine di intimorire i nuovi arrivati stabilendo lui le regole della convivenza. La bambina non si lascia spaventare e con umorismo lo prende in giro, mettendolo in ridicolo. Camille interviene poi per interrompere le stereotipie di Alice con un fare molto affettuoso e materno. Quest’ultima, probabilmente abusata dal padre, è molto introversa, ma lascia che Camille le sposti i capelli che le coprivano una parte del viso perché si fida di lei e la prende come suo punto di riferimento.

Il potersi sentire tutti uguali consente l’emergere di sentimenti di empatia e di condivisione e permette l’emergere di interrogativi relativi alla sessualità. Tali domande compaiono molto presto ed è necessario aiutare i piccoli a coniugare la sessualità con il sentimento. Dopo che tutti i ragazzini si erano interrogati continuamente ed insistentemente, trovando risposte catastrofiche alle loro domande, su cosa accade tra due persone di sesso differente quando vanno oltre l’amicizia, il rapporto speciale tra Camille e Zucchina permette di scoprire che si può conciliare il sentimento con la sessualità, che si può essere amici, ma anche qualcosa di più.

Anche Simon ha un ruolo fondamentale in questo film. Lui è, inizialmente, il bullo del gruppo, quello che attacca gli altri per non mostrare la propria sofferenza, quello che aspetta dai suoi genitori una parola di affetto, una lettera, ma che invece riceve solo oggetti concreti che però non colmano il suo vuoto e il suo desiderio di attenzioni e di amore. Si mostra duro, ma si intenerisce e decide di accettare addirittura di indossare il cappello del poliziotto e di mascherarsi diventando come coloro che odia, perché sono quelli che gli hanno portato via i genitori. Prova a fidarsi e a lasciarsi andare, ma si sente ferito e deluso sia dal poliziotto che dai suoi amici Zucchina e Camille, quando scopre che lasceranno la casa famiglia perché l’uomo vorrebbe adottarli.

Ciò nonostante, ha la forza di dire ai due compagni che devono andare via, che sono fortunati ad avere una seconda possibilità, perché non è così facile per bambini grandi come loro che ci sia qualcuno che li voglia con sé.

Simon, inoltre, sembrerebbe assolvere la funzione di fratello maggiore, che si preoccupa dei bambini più piccoli e cerca di proteggerli dalla sofferenza quando Zucchina e Camille lasciano la casa. Li distrae, facendoli correre in casa minacciando di punire chi arriverà per ultimo, con il solo scopo di allontanare il dolore e la tristezza della separazione.

Simon, ricevendo la lettera di Zucchina, scoprirà che anche per lui c’è la possibilità di non essere dimenticato e di ricevere ancora amore e questo gli permetterà di riscoprire il buonumore.

Zucchina e Camille vengono adottati dal poliziotto, ma il bambino può iniziare una nuova vita solo dopo essere rientrato a casa sua, quasi avesse bisogno di elaborare il trauma integrando il passato con un nuovo presente. La bambina, invece, entra nella sua nuova camera ed inizia a piangere, scoprendo che le lacrime possono essere di dolore, ma, finalmente, anche di gioia. Il poliziotto segna le loro altezze sul muro, lasciando le tracce dell’inizio della loro vita insieme, ma anche un segno cui ne seguiranno altri che permetteranno di riprendere la continuità interrotta dal trauma.

C’è un altro avvenimento importante in casa famiglia che ci permette di riflettere su cosa vuol dire per un bambino subire il trauma dell’abbandono: la nascita del bambino dell’insegnante e dell’educatrice della casa famiglia che fa emergere nei piccoli ospiti la paura che il trauma possa ripetersi, che tutti loro vengano di nuovo abbandonati perché ora c’è un nuovo bambino da amare.

Tutti si preoccupano di accertarsi che l’educatrice non andrà via, ma, soprattutto, che lei non abbandonerà mai il suo piccolino, nemmeno se piangerà tanto, nemmeno se farà le puzze, nemmeno se sarà asino a scuola, nemmeno se è brutto. Sembra quasi che i bambini chiedano se ci sia qualcuno disposto ad amarli incondizionatamente e che anche per loro ci possano essere una speranza ed una seconda possibilità.